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LA COMMEDIA NECESSARIA

da un corto di Lorenzo Frittelli

 

Questo spettacolo è l’apertura di un cassetto, quello di un fratello, Lorenzo, autore di un testo e scomparso prematuramente, e quello di una coscienza, quella di F (alias Filippo Frittelli) che nel trovare il testo si fa autore di uno spettacolo su sé stesso. Così dal cassetto si è aperta una possibilità che anche grazie all’incontro con il più giovane L, folle e appassionato, ha portato F a credere in una nuova strada per la sua vita, una strada in cui ritrovare il fratello, imberbe artista geniale, proprio nel teatro, o forse in L , che tanto glielo ricordava, quando per la prima volta, venti anni fa, decise di mettere in scena questo testo, che da allora lo ha diviso tra la vita d’impiegato e l’arte.

F, autore e personaggio insieme, diviene protagonista della sua vita fatta spettacolo, un’autodenuncia della sua condizione mediana fra lutto e sogno di superamento del sé nell’incontro con L, amato opposto e contrario che più di lui crede nel volo nell’arte, nel salto nel vuoto e fuori dalle convenzioni, creativo e debordante, proprio come il testo nel cassetto, il fratello scomparso, il figlio mancante, in estrema ratio il confronto fra chi sopravvive e l’assenza perpetua di “chi” no.

Nel tentativo di costruire un’architettura muliebre, dolce ma anche ironica, tra la vita e la morte, F non ricerca la resurrezione ma l’assoluzione, la trasformazione del grave in liberatoria dimostrazione nella prospettiva delle montagne in cui il sussurro si confonde con l’eco di quelle; un’esibizione della sorgente che da rumoroso ruscello scava la sua amplificazione verso il silenzio con cui si consegna al mare.

Ne deriva uno spettacolo sul destino in 3 atti e 9 scene che ha come centro e radice l’unica scena originale scritta da Lorenzo, verso una sua nuova epifania, in un processo di espiazione di F che assomiglia quasi al K di Kafka nell’aggettivare sardonicamente questo spettacolo, questa commedia, come “Necessaria”, in una dimensione teatrale che si lascia alle spalle la teologia della “Divina” ma anche il sociale di quella “Umana” di Balzac, per portarsi dopo tutto sul confine più intimo tra realtà e finzione, nel personale viaggio dall’una all’altra dimensione, per mezzo dell’altro, sulla spinta della conquista e per la naturale ed eterna condizione di espansione di tutte le cose: “Non la trovate noiosa un’abitazione che non cresce?” (Lady Macbeth, Shakespeare).

I due protagonisti maschili si trovano in scena impegnati nella costruzione di una rappresentazione metateatrale in cui si subiscono e feriscono in un dualismo che al tempo stesso ricerca ed elude ogni azione conclusiva per il puro confronto che chiama in causa due altri personaggi, due spiriti, quelli del teatro e del cinema, apparentemente come bene e male, bianco e nero, precedente e successivo, in personificazioni femminili che si manifestano in controscene e controcanti per influenzarli e sottolineare la rivalità tra due nature opposte per schemi logici, per tempo e spazio, che sono le stesse di F e L. Nel gioco continuo che insiste nel trascinare “altro” tra i due si svelano i più diversi legami d’amore coinvolgendo e confondendo il pubblico per una riflessione sulla verità e la sua apparizione nella restituzione scenica, una ricerca verso la decostruzione totale che chiama ad intervenire gli spiriti, i sogni, teorie, pubblico in sala, automi come algoritmi e manichini per spostare il peso della ragione, per una verità che ritarda e sembra non voler giungere come una nuova attesa di Godot. Ed è forse l’ogni volta? Nel momento in cui si presenta allo sguardo, la verità non sembra più corrispondere col suo ideale e sorge il dubbio della maschera che fa spettacolo di sé nel suo stesso apparire, proprio col suo darsi alla scena la verità sembra cambiare di natura e le sue qualità extrasceniche la rendono addirittura o-scena: un fuori che si porta dentro alla scena, un cadere, qualcosa che atteso dall’esterno come peso incredibile e rivelatore diventa oggi più che mai non credibile per qualità o misura, non creduto, e quindi ancora “falso” nel suo accadere nel luogo di amplificazione. F, narrativamente, rimane legato all’ambiguità della sua vita ormai divisa tra dentro e fuori il cassetto facendone spettacolo miserabile ad un qualsiasi giudizio da parte del pubblico teatralmente edotto, sottoponendolo alla provocazione che lo costringe a ri-conoscere rilkianamente il “chi” sempre nuovo, vergine nonostante il trascorso. Un sempre vero che ritorna facendosi ogni volta falso per un necessario umano che entrambi i protagonisti incarnano.

La verità diventa la ricerca della verità e lo spettacolo si costruisce sui tentativi di ucciderla, sul gesto del Lorenzaccio beniano che si disapprova nel compiersi, sui fallimenti, rimanendo in una sospensione intrisa di speranza di prorogare e rimandare l’assenza finché l’Oriente si fa voce fuoricampo per consegnare un nuovo inizio a tutte le cose che ora si riconoscono generatesi l’una dall’altra.

Rappresentazione 24 Febbraio 2023
Prima rappresentazione 31 Agosto 2005

 

Highlights

Fringe Festival Roma, Project Art L'Aquila 

LA COMMEDIA NECESSARIA 2005

Due attori interpretano entrambe le coppie. Quella di due persone ordinarie è eterosessuale, quella dei due artisti è omosessuale.

I costumi e il trucco sono marziali. Colori bianchi e neri. I due personaggi sono vestiti e truccati identici, sono due membri di una stessa unità: la coppia. L’effetto della risultanza di costume e trucco è di due figure androgine, a significare che la coppia non ha sesso. Od il rispecchiare una tendenza non rara fra partner, quella di apparire simili.

Le due coppie si distingueranno soltanto per: tipo di recitazione, illuminazione, suono.

 

Scenografia: assente. Oggetti in scena: due sedie di dimensioni diverse, un asse e un ferro da stiro.

 

La coppia degli artisti, recita veloce e sopra le righe, con uso effettato della parola e del gesto, e di musiche di accompagnamento. Tenerezza ed odio si scambiano vicendevolmente.

 

La coppia ordinaria ha una recitazione letargica, non usa la voce, pochissimi gesti ed espressioni minime, forse immobilità. Costantemente vi è un rumore d’acqua in sottofondo, di vari tipi ed intensità, a secondo del momento drammaturgico. Rarefazione.

 

Lo spettacolo è a quadri e vi sono 4 quadri per ogni coppia, che si alternano. I quadri rappresentano fasi temporali: giovinezza, maturità, vecchiaia, collasso. Della vita a due.

 

Le due coppie col passare del tempo andranno verso una simbiosi emotiva.

Nella coppia d’artisti, la recitazione tenderà a rallentare, i personaggi si trasformeranno in dei manichini decadenti, mentre nella coppia ordinaria, l’utilizzo del suono e della luce, creerà agitazione e movimento interiore.

 

La risultanza della messinscena è che l’esistenza domestica apparirà surreale, mentre quella dei due artisti estremamente energica ed in contatto con la vita, per poi ciascuna implodere su se stessa e negarsi.

 

Lo spaesamento iniziale nel pubblico creato dall’uniformità di superficie, lentamente sarà soppiantato dalla decifrazione delle differenze e quindi dalle identità delle due coppie, che risulteranno in ultimo essere le due facce della medaglia di un’unica esistenza, di un’unica prigionia, di un’unica pazzia, di un unico inevitabile ed eterno compromesso: l’amore.

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